giovedì 11 dicembre 2008

Retro-Africa: African music 1950-1980 (Nigeria 2: Fela Kuti)




La musica è un'arma, recita uno dei titoli più noti di Fela Anikulapo Kuti, uno dei più grandi nomi della musica contemporanea africana, morto a 58 anni il due agosto del 1997. Una secca constatazione, a partire dalla quale il cantante, trombettista, sassofonista (soprattutto), tastierista, compositore e bandleader nigeriano ha rotto con una tradizione molto diffusa e antica in Africa di sudditanza, complicità, quieto vivere della musica nei confronti del potere, e l'ha chiamata a un'assunzione di responsabilità, a uscire dall'ambiguità e a schierarsi. Personaggio controverso e anche discutibile, ma, al di là di alcune apparenze, tutt'altro che folcloristico, col suo esempio di artista autenticamente popolare capace di esporsi e pagare di persona, Fela Kuti resterà come figura emblematica di un'Africa in cui hanno cominciato a farsi sentire e a organizzarsi in forma moderna una "opinione pubblica" e domande di democrazia e di riscatto. Ma per l'intelligenza artistica con cui ha impugnato la propria arma (puntandola contro bersagli che purtroppo le vicende del suo paese non sono state avare nell'offrirgli: neocolonialismo delle multinazionali, violenza delle dittature militari, corruzione degli uomini al potere), Fela Kuti resterà certamente anche, con un posto di tutto rispetto, nella storia della musica non solo africana. Dopo gli esordi sulla scena Highlife degli anni Cinquanta, nei Sessanta Kuti ideò un'originale formula musicale, chiamata Afrobeat, che teneva conto del jazz, del soul, del funky, adottato attraverso la mediazione della musica del cantante della Sierra Leone Geraldo Pino, e del free jazz, apprezzato durante un soggiorno negli Stati Uniti alla fine del decennio (quella di Fela Kuti è probabilmente la musica africana più in sintonia con lo spirito del free jazz afroamericano). Stilisticamente messo a punto con il determinante contributo del batterista Tony Allen, e praticato utilizzando larghe formazioni orchestrali forte di nutrite sezioni di fiati, inconfondibile nei suoi lunghissimi, epici brani di impianto reiterativo, tirati su ritmi incalzanti e ipnotici, combinando riff insistenti e lunghi assoli, l'afrobeat di Fela è un classico inscindibile dal suo creatore: ha fatto epoca e si riassume tutto nella sua sterminata produzione discografica.


Dopo la morte di Fela Kuti, l'immenso repertorio del musicista nigeriano, che era già una preda appetitosa, farà ancora più gola. Troppo spesso (e questo succedeva anche quando era in vita) non è stata chiesta nemmeno l'autorizzazione per ristampare i suoi album. Regolari licenze sono state lasciate, per fare alcuni esempi, solo alla Universal, alla Celluloid, all' inglese Stern's a alla giapponese Victor, ma i soldi che alla fine arrivano alla base sono sempre poca cosa rispetto a quello che intascano i pirati e discografici-squali. Per non parlare di etichette fantasma come la Terrascape, che ha ripubblicato abusivamente molti dischi di Fela. Tanto, chiunque andasse all'indirizzo di New York indicato sul retro copertina, non troverebbe nessuno. O come la Demon, che ha stampato un fantomatico "Buy America", disco mai inciso da Fela. Insomma c'è chi si è arricchito con questa musica, mentre i musicisti che l'hanno suonata, a Lagos, non avevano neanche i soldi per riparare gli strumenti. Nella giungla di ristampe dei dischi di Fela Kuti i capolavori comunque non mancano. Uno dei miei preferiti è "The '69 Los Angeles Sessions", (pubblicato per la prima volta dalla Stern's nel 1994) che accende una luce sul periodo più oscuro, sul giovane Fela, sbarcato burrascosamente sulla costa ovest degli States alla guida dei Koola Lobitos, successivamente ribattezzati Nigeria '70. Fela approfondisce da una parte la sua conoscenza di Malcolm X, Eldridge Cleaver e altri pensatori neri, dall'altra prende dimestichezza con idee che poi avrebbe sviluppato sulla lunga durata. L'estremismo di questo disco sta proprio nell'inedito formato di un Fela che non si prende intere mezz'ore per articolare un brano, ma attacca e si ritira nell'arco di due, tre minuti. L'afrobeat così ultracompresso ha dentro un urgenza soul-funky, qualche riflesso psichedelico, i fiati che fanno girare la testa.





Discografia consigliata

Molti degli storici e introvabile dischi di Fela Kuti, a partire dal 2000 sono stati ristampati dalla Universal nel formato "due dischi in uno" della collana "Fela Originals". Un'operazione che ha permesso ai tanti curiosi dell'afrobeat di (ri)scoprire un catalogo prezioso, in alcuni casi pubblicato in passato solo in vinile per il mercato africano. Quella che segue è una piccola dicografia consigliata. Tra parentesi è indicata la data di pubblicazione originale. L'unico disco della lista a non far parte della collana succitata è il live con Ginger Baker del 1971, di cui è però "facile" reperire in commercio l'edizione edita dalla Celluloid nel 1985. Altrimenti, come sempre, vi resta la rete. Se volete "assaggiare" la musica di Fela entrate qui

- Koola Lobitos 64-68 (prev. unr.) / The '69 L.A. Sessions (1994)
- Shakara (1972) / Fela's London Scene (1970)
- Live with Ginger Baker (1971)
- Open & Close (1971) / Afrodisiac (1973)
- Confusion (1975) / Gentleman (1973)
- Expensive Shit (1975) / He Miss Road (1974)
- Up Side Down (1976) / Music of many colours with Roy Ayers (1986)
- Opposite People (1977) / Sorrow, Tears and Blood (1977)
- Shuffering and Shmiling (1977) / No Agreement with Lester Bowie (1977)
- Zombie (1977)

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