domenica 25 ottobre 2009

Il Jazz in pillole: Gli Anni '70 e oltre...

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World Saxophone Quartet
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GLI ANNI SETTANTA: TRA FUSION, JAZZ ROCK E FREE JAZZ
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Gli anni Settanta si contraddistinsero per l'ecclettismo musicale e le molteplici direzioni in cui gli stili, nati nei decenni precedenti, vennero via via riproposti. Agli inizi degli anni Settanta sull'onda del successo ottenuto dal film La Stangata interpretato da Paul Newman e Robert Redford e girato nel 1973, ritornò in auge il ragtime e in particolare la musica di Scott Joplin. Le maggiori case discografiche tra le quali RCA, Columbia, Decca, Atlantic, Blue Note rispolverarono le magnifiche incisioni dei grandi maestri del jazz pubblicando le edizioni integrali di Louis Armstrong (scomparso nel 1971), Bessie Smith, Charlie Parker, Fats Waller, Duke Ellington ecc. L'hard bop e la classica esecuzione degli standard continuavano a emozionare il pubblico del jazz. La loro energia creativa posspossedeva e possiede fonti pressochè inesauribili, che furono testimoniate dai grandi hardboppers di razza (Art Blakey, Max Roach, Horace Silver, Sonny Rollins, Dexter Gordon, Sonny Stitt, Art Pepper, Hank Jones..) affiancati da giovani artisti che rinvigorirono il jazz del periodocome Freddie Hubbard, Phil Woods...ancora radicati al bop e allo swing più sincero ma consci anche dell'ampia libertà impartita dalla lezione del free jazz. Il free jazz, dal canto suo, continuò il suo percorso con Anthony Braxton, l'Art Ensamble Of Chicago, Archie Shepp, Cecil Taylor e molti altri (impossibile norminarli tutti) più che mai impegnati nel continente europeo.
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All' inizio degli anni Settanta, a New York, numerosi jazzmen, in genere aderenti al movimento free, ma anche vari pittori e artisti iniziarono a stabilirsi nella zona a sud del Greenwich Village, nel quartiere di di Soho e nel Lower East Side. Qui, pagando affitti meno alti che nel resto della città, si sistemarono in magazzini, stanzoni, solai, fabbriche e capannoni abbandonati, trasformandoli al tempo stesso in abitazioni e sale prove o per concerti. Quei locali prendono il nome collettivo di lofts, soffitte, e nasce così una loft generation di musicisti venuti soprattutto dal Middle West o dalla California, che possono esprimersi ed esibirsi senza le preoccupazioni commerciali dei club tradizionali.
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Sam Rivers
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L'effervescenza dei loft, che come detto si afferma in tutti gli ambiti artistici, facilita la coabitazone e gli scambi tra eredi del free jazz e del bop. Il loft jazz in queto periodo fu rappresentato dal polistrumentista Sam Rivers, soprannominato il "sindaco dei loft" . Nel 1975 si formò uno stupendo quartetto di sassofoni senza l'utilizzo di una sezione ritmica che fece scuola a numerose future formazioni:
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Word Saxophone Quartet (al centro Julius Hemphill)
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il World Saxophone Quartet (vedi sotto in un video più o meno recente) formato dall'immenso Julius Hemphill (scomparso troppo presto), Oliver Lake al sax alto, David Murray al sax tenore, e Hamiet Bluiett al sax baritono. Altri quartetti di sax famosi furono il Rova Saxophone Quartet, il 29th Street Saxophone, il Quartet di Bobby Watson.
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ANNI SETTANTA E OLTRE: JAZZ ROCK E SUONO ECM
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La strada del jazz-rock in seguito denominata fusion e intrapresa da Miles Davis nel 1969 con l'album "Bitches Brew" venne seguita da quasi tutti i suoi collaboratori. Questa musica portò al maestro e agli allievi duraturi successi e grandi vendite.
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I motivi di questo cambiamento di rotta da parte di Davis e dei suoi seguaci furono numerosi. Anzitutto la casa discografica Columbia alla quale Davis era legato, dal 1967 ingaggiò artisti rock come Janis Joplin e altri. Davis, impegnato nella ricerca di nuove strade, intraprese il definitivo avvicinamento del jazz al rock trascinando in in svariati proggetti molti suoi ex collaboratori. Questa musica portò gli artisti coinvolti verso un' enorme platea con conseguenti guadagni. Proprio nel 1970 Joe Zawinul e Wayne Shorter fondarono i Weather Report, una delle formazioni jazz-rock più valide e creative. Ebbero tra l'altro il merito di lanciare grandi musicisti come il bassista elettrico Jaco Pastorius che utilizzava uno strumento fino ad allora del tutto particolare chiamato basso fredless ovvero senza capotasti. Armando 'Chick' Corea, dopo la militanza con Davis, si affermò con successo insieme al gruppo jazz-rock "Return To Forever".
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Anche Herbie Hancock, con già buonissimi dischi "in proprio" alle spalle, nel 1973 realizzò un disco ispirandosi alla musica di Sly Stone e James Brown a nome "Headhunters" che vendette in pochi mesi un milione di esemplari. Da non dimenticare in oltre gli ottimi proggetti di John McLaughlin e di Tony Williams con i Lifetime. Nel frattempo, tuttavia, le grandi orchestre di Stan Kenton, Woody Herman, Buddy Rich, Thad Jones, Mel Lewis, Gil Evans e George Russell resistettero alle mode più o meno passeggere e trovarono nuovi spunti adottando talvolta ritmi contaminati e riuscendo, comunque, a portare avanti il linguaggio orchestrale jazzistico più classico.
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Tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta in Europa fiorirono numerose case discografiche. In particolar modo si distinse l'ECM (Edition of Contemporary Music) fondata a Monaco nel 1969. La qualità e il purissimo suono delle incisioni ne contraddistinguono all'inizio il particolare sound. Il pianista Keith Jarrett, già collaboratore del Miles Davis elettrico, trovò la sua dimensione naturale con l'etichetta discografica tedesca, incidendo in studio e dal vivo (come il famoso Koln Concert, 1975) le sue prime improvvisazioni al pianoforte e costituendo successivamente una famosissima formazione di jazz contemporaneo: il trio con Gary Peackock al contrabbasso, Jack DeJohnette alla batteria. Dopo il periodo preminentemente elettrico, ritornò in primo piano il pianoforte acustico coinvolgendo vari artisti, tra cui ancora Chick Corea e Herbie Hancock che si cimentarono con il suono naturale dello strumento. Chick Corea e Gary Burton al vibrafono realizzarono inoltre importanti concerti e incisioni acustiche per l'etichetta tedesca. Dai primi anni Settanta il chitarrista John Abercrombie, i sassofonisti Jan Garbarek, John Surman e molti altri musicisti inizieranno a creare una vera e propria sonorità ECM: rarefatta, ampia negli spazi sonori, talvolta influenzata dalle culture musicali più disparate.
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Questo indirizzo sarà il sound futuro e sempre più presente che caratterizza la label. Altri nomi che continuarono o continuano a rinvigorire la fama della etichetta: il chitarrista, pianista e polistrumentista brasiliano Egberto Gismonti, il famosissimo contrabassista americano (ex Liberation Music Orchestra) Charlie Haden, il trombettista canadese Kenny Wheeler, il pianista inglese John Taylor, il sassofonista Evan Parker, la cantante Norma Winstone, la formazione degli Oregon ecc. Si stanno citando in questa sede solo alcuni degli artisti più in vista e famosi, quelli in qualche modo campioni di vendite, ma in realtà il sottobosco musicale ECM pullula di molte altre ottime personalità la cui lista sarebbe lunghissima. Inoltre c'è stata anche un apertura alla musica classica contemporanea alla quale l'etichetta ha iniziato recentemente ad interessarsi, spesso con ottimi risultati. Ma allo stesso tempo, diciamolo pure, possiamo riscontrare tra i solchi ECM proggetti di non eccelsa caratura artistica, abbastanza patinati e dall'andazzo snob e fighetto, sorte che purtroppo è toccata più di recente anche ad altre labels considerate per molti anni delle assolute garanzie e mostri sacri del settore come la Blue Note, solo per fare un nome.
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.DISCOGRAFIA GENERICA DEGLI ANNI '70
(Molti nomi/dischi fondamentali sono stati esclusi da questa lista perchè sono stati inseriti in quella principale: ''50 autori per una discografia raccomandata'')

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Muhal Richard Abrams: Young At Heart, Wise In Time (Delmark, 1974)
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APPUNTI FINALI, CONSIDERAZIONI E NOTE FONDAMENTALI
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1) Note DiscograficheNelle discografie che prendono in considerazione le suddivisioni cronologiche e/o di genere o sottogenere del jazz non appaiono i nomi degli artisti che fanno parte delle 50 schede inserite all' inizio del post. A proposito di questi ultimi, cliccandone la foto o la copertina del disco potrete avere informazioni supplementari con i siti ufficiali o le schede dell'artista o del prodotto discografico in questione.
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2) Mea culpa!
Riguardo questa superficiale (ma estremamente passionale) storia cronologica del jazz mancano alcuni passaggi che, pur non potendo chiudere perfettamente il cerchio, rappresentano comunque dei tasselli fondamentali nell' apporto dell'evoluzione e della storia di questa musica. Per esempio non è stato preso in considerazione (ma solo parzialmente nelle discografie) il ruolo della "scena" europea, come quella degli improvvisatori britannici (oltre al citato Evan Parker, Paul Rutherford, Derek Bailey, Harry Beckett, Marc Charing, Nic Evans, Lol Coxhill, Mike Osborne, Gary Windo, Mike Westbrook, Keith Tippett...e molti altri;
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i rumorossissimi tedeschi Alexander Von Schlippenbach , Peter Brotzmann e Albert Mangelsdorff, il canadese trapiantato a Londra , Kenny Wheeler, l'austriaco Peter Kowald, gli svizzeri Irene Scweizer e Pierre Favre) gli olandesi (Han Bennink, Misha Mengelberg, Willem Breuker...) e poi la scena italiana (i nomi sarebbero troppi, anche dalle nostre parti non è che non sia successo proprio nulla). Per non parlare poi della diaspora di quella magnifica generazione di jazzisti sudafricani approdati in Europa (soprattutto in Inghilterra) negli anni dell' apartheid, e che spesso hanno dato vita, in formazioni congiunte con jazzisti del vecchio continente, a grandi sodalizi artistici (vedi le schede discografiche che riguardano Chris McGregor/Brootherhood Of Breath, Louis Moholo/Viva-La-Black o la Dedication Orchestra).
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Per concludere questo processo di autocritica demolitrice, potremmo aggiungere che un'altra lacuna importante in questa sorta di bignami un po' masticato della storia del jazz, riguarda anche l'aver omesso tutta una serie di considerazioni sugli sviluppi e sulle pagine più recenti del genere. Se è vero che negli ultimi tre decenni non ci sono state grossissime rivoluzioni tecnico-musicali (tecnologiche si) e nuovi geni del jazz (o pochissimi), è altresì vero che, nelle migliori situazioni, è stata privilegiata una continua conferma e un'attenta riscoperta della musica afro-americana nelle sue molteplici forme ed espressioni, e artisti come John Zorn (a suo nome, attraverso gli ottimi prodotti della sua personale etichetta discografica - Tzadik - o con i vari proggetti paralleli: Masada... ), Tim Berne, Laurence Butch Morris, Mark Dresser, Henry Threadgill, Bill Frisell, Dave Douglas, Uri Cane, Susie I.Barra, David S.Ware, William Parker (scheda), Hamid Drake (grande batterista afroamericano), Steve Coleman (scheda), Greg Osby, James Carter, Charles Gayle, Ben Allison, Jason Moran.... continuano a dare un apporto importantissimo in questo campo.
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A queste gravi lacune/mancanze cercherò di riparare con nuovi post nei prossimi giorni(?), mesi(?), anni(?).
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3) SoddisfazioniPer quanto mi riguarda, questa serie di post sono stati una piccola impresa, e non è facile districarsi tra le maglie spesso strettissime di questo mondo. Molti nomi mancano all'appello (o sono stati inseriti solo parzialmente nelle note discografiche), ma capirete come sia praticamente impossibile conoscere (o ricordarsi di) tutti. La difficoltà maggiore è stata quella di insere i nomi degli artisti presi in considerazione nel giusto contesto, considerato come molti di essi abbiano abracciato in modo trasversale porzioni molto grandi della storia di questa musica, contribuendo all'affermazione e alla storicizzazione di quelli che per comodità sono stati identificati nel corso degli anni come generi o sottogeneri del Jazz. Tuttavia non nego la mia soddisfazione per questo lavoro che tra le altre cose, mi ha dato la possibilità di riascoltare, riscoprire e/o rispolverare dischi e immagini bellissime che sono veramente orgoglioso di ospitare tra i miei scaffali. Ancora una volta è il caso di dire: A Love Supreme!
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