mercoledì 21 ottobre 2009

Note dal sottosuolo: James Carr

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Scritta da Dan Penn e Chips Moman, e registrata da un sacco di gente (Aretha Franklin, Percy Sledge, Clarence Carter, Moving Hearts, Ry Cooder, i Flying Burrito Brothers, Diamanda Galas, Cat Power...) ''The Dark End Of The Street'' è una delle più belle deep-soul-ballads di tutti i tempi. Una canzone bellissima, di cui si fece interprete per eccellenza (a partire dal 1967) il soul singer James Carr, e che da sola dovrebbe consegnare quest'uomo agli annali della musica del secolo scorso. Nativo di Coahoma, Mississipi, Carr (1941-2001) appartiene alla cosidetta second line del soul (sarà proprio così?), a quella generazione, cioè, di cantanti e musicisti che si situa appena a un passao dietro grandi classici quali Otis Redding, Solomon Burke, Wilson Pickett.... e via dicendo. Trasferitosi ben presto a Memphis con la famiglia, dove il padre contava di trovare migliori opportunità occupazionali, Carr, come da copione letto infinite volte, incontrò la musica cantando in chiesa. Cresciuto tra il gospel e l'intera tradizione nera del sud, si distinse fin dall'inizio della carriera come superbo interprete di ballate. In giovane età militò in vari gruppi vocali, sviluppando buone doti di arragiatore. Assieme a O.V. Wright diventò ben presto un beniamino dell'etichetta Goldwax, nonchè una genuina espressione del deep-soul di Memphis. Dopo un paio di buonissimi singoli (The word is out, you don't want me e That's how strong my love is) assaporò il successo nella primavera del 1966 con You've got my mind messed up (il più grande successo della carriera di Carr e numero sette nella classifica R&B di quell'anno), un brano stupendo firmato da O.B. Mc Clinton. Da quel momento il suo nome fu costantemente associato ad interpretazioni di sicura qualità, anche se non di altrettanto sicuro successo commerciale. 1967: a un raduno di Nashville Chips Norman Moman e Dan Penn, due degli autori più importanti della storia della musica nera e nondimeno entrambi bianchi si imbatterono in Quinton Clauch, patron della Goldwax (che aveva messo sotto contratto contemporaneamente Carr e O.V Wright nel 1963) chiedendogli se avrebbe prestato loro la stanza per potersi isolare e scrivere un pezzo. Clauch allungò la chiave ponendo la condizione che il pezzo fosse offerto per primo a James Carr. Momam e Penn ne escirono da lì a mezz'ora con in mano lo spartito di At the dark end of the street.
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Nessun'altra canzone ha saputo raccontare il dramma degli amanti clandestini come At the dark street of the street, il lato oscuro della strada, l'unico dove possono incontrersi: ''Sul lato oscuro della strada/ecco dove ci incontriamo sempre/nascondendoci fra ombre che non ci appartengono/vivendo nell'oscurità per celare i nostri errori/tu ed io'' (fine prima strofa) ''So che il tempo esigerà il suo pedaggio/dovremo pagare per l'amore che abbiamo rubatoa/è un peccato e sappiamo che è sbagliato/ma il nostro amore resiste/e scivoliamo sul lato oscuro della strada'' (fine seconda strofa) ''Ci scopriranno/ci scopriranno, amore mioun giorno/sul lato oscuro della strada'' (i fiati irromono com polizziotti sulla scena di un crimine, e quando diresti che non possa esserci più amarezza nella voce di un uomo, Carr riprende, per una terza e ultima strofa, l'atto finale, mentre un coro dilaga ''E quando la luce del giorno risplenderà/dovessimo per caso andare in città e incrociarci/passa oltre/amore mio e, ti prego, non piangere/perchè la prossima notte ci incontreremo/sul lato oscuro della strada''.
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Tuttavia limitare soltanto a essa il contributo di Carr alla musica nera sarebbe una grave ingiustizia. Il consiglio è senz'altro quello di cercare ''The Complete Goldwax Singles'', (track list qui) imperdibile raccolta postuma di 28 brani pubblicata dalla Kent nel 2001 che compila parte dei suoi classici e dove ogni singolo brano, senza eccezione, è un piccolo gioiello che meriterebbe una illustrazione particolare e dettagliata. Se ancora non vi bastasse, cercate pure You Got My Mind Messed Up (Goldwax, 1967, ristampato dalla Ace nel 2002) e A Man Needs A Woman (Goldwax, 1968, ristampato dalla Kent nel 2003)
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A partire dal 1969, dimenticato da tutti per motivi non abbastanza chiari, Carr iniziò ad annegare in un mare di depressione. Diventò abulico. Non si presentava ai concerti e passava ore in sala d'incisione senza aprir bocca. Le classifiche iniziarono ad ignorarlo e scomparse nel nulla. In un intervista concessa nel 1987 a un critico trasformatosi in detective per rintracciarlo, dichiarerà di non ricordare nulla degli anni compresi fra il '71 e il '77, trascorsi in una nebbia drogata. Negli anni a venire, Carr alternò timidi tentativi di ritorno alle scene (un tour giapponese, un memorabile concerto anche in Italia nell'ambito del festival di Porretta Terme - video sotto - , e qualche disco al principio degli anni Novanta) a continue entrate e uscite da ospedali psichiatrici. Ma alla fragilità mentale si aggiunsero presto malanni fisici che culminarono, purtroppo, con la morte per cancro del notro uomo, a 58 anni, il 7 gennaio del 2001.
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Tra le pochissime notizie e fonti presenti in rete:
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