mercoledì 21 ottobre 2009

Note dal sottosuolo: Funky '70 Ladies (Prima parte)


MARIE ''QUEENIE'' LYONS



Dicono che si sia spenta come una candela al vento; un solo disco nel 1970 per la Deluxe, ''Soul Fever'' (ristampato nel 2008 dalla mitica Vampisol) e via, sparita. In anni di recupero/riciclo soul & funk, in cui tutto e breakbeat e dove spesso si rischia di mischiare il sacro con il profano, sarebbe opportuno iniziare a dare il giusto spazio anche agli originali . 


Una voce schietta, mai sopra le righe, un soul saltellante che avvolge. Di Marie ''Queenie'' Lyons si sa a solo che arriva dalla Louisiana, che debuttò sul palco nel 1963, che cantava nella band del sassofonista King Curtis e che dal vivo fece da supporto a un'infinità di artisti: da Jackie Wilson a Jerry Lee Lewis, dai Coasters a James Brown. Quest'ultimo potrebbe essere stato centrale nella sua carriera anche se nulla è confermato. Sta di fatto che viene ringraziato nelle note di copertina dell'album. Forse il padrino la raccomandò alla stessa Deluxe, etichetta ricalcata sulle griglie artistiche della King, la label di Brown. ''Soul Fever'' è un disco che ammalia, con una voce che fa piazza pulita di tutte le cloni neo soul odierne, con dentro anche una versione spaziale di Fever, con tastiere sempre sospese in sottofondo, fiati che puntellano il cantato e un ritmo che non molla mai. Da riscoprire.



BETTY DAVIS


Se non ci fosse stata Betty Davis probabilmente Miles Davis e Jimi Hendrix non si sarebbero mai parlati. Nè Miles avrebbe mai sentito alcun disco del chitarrista. Fu sua moglie Betty Mabry (poi Davis) a farli conoscere. Fu sempre lei a mettere insieme una parata di stelle a cui sarebbe stata legata per sempre: Sly Stone, James Brown, Commodores, Pointer Sisters, Sylvester, lo stesso Jimi ecc. Betty li conosceva e li frequentava, non a caccia di vertigini erotiche, come succedeva con molte cantanti/groupie del tempo (e soprattutto come succede oggi), ma per assorbirne talento e modi artistici. Betty era in missione per se stessa: puntava ad accumulare conoscenza, saperi, e ci era riuscita benissimo, al punto da comporsi e prodursi i pezzi da sola , pubblicando tre dischi in altrettanti anni. Di lei si invaghì, tra i tanti, anche Hugh Masekela, fantastico trombettista sudafricano a cui la Davis sarà legata sentimentalmente e di cui si ''servirà'' come produttrice. Ma soprattutto Greg Errico, ex batterista di Sly Stone, che in studio per il debutto omonimo (Just Sunshine, 1973),ristampato succesivamente nel 2007 dalla Light In The Attic, schiererà Merl Saunders (collaboratore di Jerry Garsia e dei psichedelici Grateful Dead), Patrice Banks, Pointer Sisters, Sylvester ecc. 


Quel disco è una scentilla funky, perchè Betty Davis é funky fino al midollo, e anche il secondo album ''They Say I'm Different'' (Just Sunshine, 1974) riproposto come l'omonimo sempre dalla Light In The Attic, ce lo chiarisce e ribadisce.


I due cd sono un cocktail black che tiene dentro la voce roca e esplosiva di Tina Turner a cui Betty sembra vicina, ma in realtà non lo è (o solo in parte), e dove la musica intercetta il suono di Sly Stone e anticipa la sensualità e le geometrie di Prince. Musica a parte, le note delle ristampe in cd spiegano tutto; raccontano il rapporto conflittuale con Miles reso instabile e insicuro dalle grandi capacità artistiche di Betty. A lei l'artista penserà sempre molto, dedicandole fantastici brani come Mademoiselle Mabry e Back Seat (questa perchè sconvolto dal presunto tradimento con Masekela), così come vorrà una foto di lei sul disco ''Files de Kilimanjaro''.


A Betty Davis Miles ricorrerà sempre per un giudizio artistico, eppure quando nella sua autobiografia si tratterà di raccontare il loro rapporto, il jazzman spenderà poche parole e anche brutte: ''una supergroupie'', disse, cosa che Betty ovviamente non era, anzi ne sesso ne droga la interessavano troppo. Il fatto è che i rapporti del grande artista con l'altro sesso erano sempre violenti e ipermaneschi, come lui stesso ammetterà, e non fa eccezzione quello con Betty che però, a differenza di tante fan, sapeva come contrastarlo. Evidentemente Miles non sopportava che Betty riuscisse ad interloquire con lui in modo così artisticamente alto, a suggerire, correggere. Di sicuro Betty poco poteva contro pugni e calci, ma ben sapeva che il volume di quel basso doveva essere anzato o abbassato. La loro storia finì dopo l'ennesimo pestaggio.


Dopo avere lasciato New York, che era ormai diventata un intreccio di ricordi dolorosi soprattutto in conseguenza delle morti di Hendrix e dell'amica Devon Wilson (che gli aveva presentato il chitarrista), la Davis si stabìlì alcuni giorni a San Francisco, prima di puntare dritta su Londra. Lì grazie ad appassionati sponsor e amici come Marc Bolan e Robert Palmer, trovò anche un nuovo contratto discografico, nientemeno che con la Island. Il risultato di questa unione fu un disco intitolato ''Nasty Gal'' (Island, 1975), solo leggermente inferiore a quelli che lo avevano preceduto ma che ciònondimeno contiene ottime pezzi, come una ruggente This Is It! che tre tondi decenni dopo battezzerà un antologia uscita per l'iberica Vampisoul di cui tra poco accenneremo.


La corsa artistica della Davis finì lì, complice anche la scomparsa del padre che la sprofondò in una forte depressione dalla quale impiegherà diversi anni prima di riemergere. Oggi è una bella sessantenne senza troppi rimpianti che guarda a quella sua versione giovane e sfacciata con distaccata benevolenza e spia le sue eredi: da Missy Elliot, Kelis, Macy Gray....
This Is It! si diceva. Trattasi di una generosissima raccolta (19 brani) edita ancora una volta dalla benemerita Vampisol, e che raccoglie in un unico cd gran parte dei brani dei tre unici Lp pubblicati dalla Davis in altrettanti anni di attività discografica dal 1973 al 1975.


Nello specifico contiene 6 brani (su 8) estrapolati dalla scaletta del primo omonimo ''Betty Davis'', il secondo ''They Say I'm Different quasi per intero con 7 brani (su un totale di otto disponibili) e 6 (su dieci) brani dal terzo ed ultimo ''Nasty Gal''. Il consiglio è iniziare da qui; difficile davvero ascoltare qualcosa di più eccitante. Non mi metterò ora a citarvi i titoli della canzoni, quasi tuttie fantastiche. Se non conoscete quest'artista sappiate solo che la voce è un continuo grugnito e rigurgito (ma nel senso buono) e la musica sembra una jam tra James Brown, Gerge Clinton, Jimi Hendrix, Sly & Family Stone, Prince e i Red Hot Chili Peppers dei tempi migliori. Se questo non vi basta...


Sorpresa e meraviglia, meraviglia e sorpresa!!!!!...Sbirciando in rete per comporre le pagine dei link sotto segnalati scopro proprio in questo momento l'esistenza di un disco nascosto e completamente inedito della Davis (oltretutto freschissimo di ristampa sempre da parte della Light In The Attic, che si era occupata anche di riproporre i primi due lavori degli anni '70) di cui nessuno conosceva l'esistenza fino a questo momento. Si intitola ''Is It Love Or Desire'' ed è targato 1976. Questa volta, però, sembra davvero trattarsi dell'epifania artistica dell'artista, a scanso d'essere nuovamente contraddetti dall'attività archeologica di qualche etichetta alla continua ricerca di chicche perdute e/o dimenticate. Cosa dire di più, se non che non ho ancora avuto il tempo di procurarmi e ascoltare il disco, che il cd (vi è pure il vinile) stando a quello che si legge contiene un libretto di 32 pagine con il packaging originale dell’epoca, dettagliate note, testi (V.M.18) e foto inedite di cui qualcuna è già visibile in rete. Se avete fretta di ascoltarlo e volete farvi un idea potete scaricarlo qui: Betty Davis - ''Is It Love Or Desire''
 


MILLIE JACKSON


Cocludiamo questo post dedicato ad alcune grandi esponenti (mai abbastanza conosciute, investigate e menzionate per quanto invece meriterebbero) della musica nera degli anni Settanta, con la figura di Millie Jackson (forse la più nota delle tre), personaggio del tutto singolare nella storia e nel panorama musicale afroamericano. Dotata di mezzi vocali eccezzionali, Millie Jackson è indubbiamente una delle grandi interpreti della storia del R&B e della soul music nonchè il più importante personaggio femminile di quel sexy soul che maliziosamente si spinse oltre i limiti della censura. Dotata di una voce incredibilmente potente ed espressiva, Millie sembrava destinata a seguire le orme stilistiche di Aretha Franklin o di Carla Thomas, ma con ''Caugh up'' (il suo magnifico quarto album, di cui parleremo tra poco), si imbarcò in una ''soap opera'' su vinile che tracciò indelebilmente il suo cammino professionale negli anni a venire. Originaria della Georgia (dove nacque nel 1944) dopo la scomparsa precoce della madre iniziò fin da piccola a vivere con i nonni, che la portarono spesso in chiesa a cantare il gospel. A quattordici anni fuggì di casa per raggiungere il padre a Newark, dove, dopo qualche tempo, trovò lavoro come modella. Nei '60 si trasferì a New York e un giorno, quasi per scherzo, salì su un palco mentre stava suonando una band di amici: fu l'inizio, assai poco ufficiale della sua carriera. Notata da un talent scout, incise presto un 45 giri per la MGM, che però non ebbe molto successo. Milli non demorse e, con il suo bagaglio soul influenzato soprattutto dal grande Otis Redding, nel 1971 decise di passare professionista, esibendosi in vari locali e legandosi all'etichetta Spring. Nel 1973, l'eccellente It Hurts So Good , uno dei titoli della colonna sonora blaxploitation di Cleopatra Jones, ottenne un ottimo successo e impose la Jackson come ''miglior cantante R&B'' dell'anno, alla pari con Aretha Franklin. 
 
Tuttavia, dopo tre ottimi album, il passo decisivo fu quello dell'anno successivo, quando Millie convinse la sua casa discografica a farle incidere un particolare concept album sul tema dell'adulterio. ''Caugh up'' (Spring, 1974) colse nel segno, mescolando soul, pop e rap (stile parlato di cui la Jackson fu fra le grandi progenitrici, insieme a James Brown, Laura Lee, Joe Tex e Isaac Hayes), con tocchi orchestrali adatti alle esigenze commerciali dell'epoca. L'abile produttore di questo risultato fu Brad Shapiro, lo stesso che a più riprese lavorò anche con Wilson Pickett e che rimarrà con la Jackson per diversi anni, utilizzando anche molti dei prestigiosi strumentisti di Muscle Shoals.


In questo capolavoro la Jackson, sulla base di un'analisi drammatica di adulterio, mescolò colpi di rabbia a sussurri erotici ''giocando'' il ruolo della moglie sul primo lato, e dell' l'amante sul secondo. I brani di questo splendido disco, dall iniziale ''(If Loving You Is Wrong) I Don't Want to Be Right'' , passando per ''The Rap'', ''All I Want Is A Fighting Chance'' ecc.., offrono lunghi parlati delimitati da grandi ballate soul che sfociano in esplosioni orchestrali in un continuo contrasto dolce-amaro, in cui Millie affronta i pro e i contro di una relazione con un uomo sposato, la figura di un mini-dramma di moglie.


La saga riprende e continua con ottimi risultati artistici anche nel successivo Still Caugh up (Spring, 1975), sempre all'insegna dei mini-drammi che avevano caraterizzato il suo predecessore, ma questa volta con il triangolo amoroso allo scoperto e dove, alla fine la stessa Millie viene portata via con una camicia di forza. Nel frattempo i testi della Jackson diventarono sempre più espliciti, adirittura quasi osceni in Phuck you Symphony (1979). Sebbene la Jackson sia poi tornata ad album più convenzionali (anche se meno efficaci), i lunghi rap divennero il centro dei suoi spettacoli. Le qualità erotiche del repertorio surriscaldarono il clima dei concerti della cantante, dove la Jackson faceva di tutto per mantenere sempre alto il livello di eccitaione e provacazione. Ma poco a poco, pultroppo, questa formula (indebolita anche degli stucchevoli arrangiamenti della nuova disco-music) iniziò a mostrare la corda, cadendo in parte nell'auto-parodia e i monologhi, come ammetterà la stessa Jackson, finirono col divenire una trappola che le impedì di esprimera appieno le sue potenzialità di cantante.


Per concludere il mio consiglio è di puntare dritti dritti sulle prime cose (ci sono molte ristampe interessanti), ma soprattutto su un cd uscito nel 1999 per letichetta Hip-O, (che non dovrebbe essere di difficile reperibilità, e meno che meno in rete) che riunisce i due splendidi lp di cui abbiamo parlato riprendendone i nomi in un solo Cd intitolato ''Caught Up/Still Caught Up''.

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