mercoledì 13 ottobre 2010

Ghost Folk 2010 (Parte seconda)


Timber Timbre

Dietro il progetto Timber Timbre si nasconde in realtà Taylor Kirk, un giovane ed enigmatico cantautore proveniente da Brooklin, nell’Ontario. Il ragazzo si era già messo in luce nell’ambito della scena indipendente canadese grazie ad alcuni singoli, EPs e LPs autoprodotti, ma anche se la facilità e la delicatezza con cui Taylor reinterpreta materiali folk e blues aveva fatto presagire buone cose, pochi si sarebbero aspettati risultati così brillanti come quelli ottenutì con l'omonimo ''Timber Timbre'' un' oscuro gioiellino uscito nel 2009, e pubblicato per la prima volta in Europa quest'anno dalla Full Time Hobby. Da sempre estremamente spirituale e superstizioso, Kirk si avvicinò alla musica dopo aver imparato a suonare la chitarra nello scantinato di una chiesa, e questo particolare lato del carattere del ragazzo si riflette inevitabilmente anche nel suo percorso come musicista. Dal punto di vista lirico Kirk non si è mai nascosto nel manifestare ritorsioni e paure per temi profondi che riguardano la morte o la coscienza umana. Come compositore predilige soprattutto canzoni che raccontino storie interessanti da un punto di vista strettamente personale, ma non tralascia temi più generici e sembra che le influenze maggiori le abbiano esercitate su di lui lo scrittore William Faulkner e il musicista Nick Cave. Le melodie sono invece profondamente radicate alle vecchie tradizioni del folk e del blues, ma contengono una forte componente eterea che risalta il lato emotivo della sua musica che Kirk  ama descrivere come  ''la combinazione di una serie di qualità intangibili''.

Tylor Kirk

Il percorso discografico dei Timber Timbre venne inaugurato nel 2006 dall’album ''Cedar Shaker'', seguito a un'anno di distanza da ''Medicinals''. Ambo i dischi furono registrati in una capanna a Bobcaygen, sempre in Canada. Diverso invece il cammino di ''Timber Timbre'', lavoro per il quale Kirk preferì uno studio di registrazione più sofisticato, il Lincoln Country Social Club, nell' Ontario. Le regitrazioni, affidate al produttore Chris Stringer, cominciarono nell’autunno del 2008 e contarono sulla preziosa collaborazione di artisti della scena musicale underground canadese e di Toronto, tra cui Mika Posen, violinista dei Forest City Lovers, la cantante dei Bruce Penninsula o lo stesso Stringer che si occupò invece di arrangiare le parti di piano, organo e banjo. Kirk descrive ''Timber Timbre'' come ''un disco tranquillo nel quale ogni nota è stata considerata meticolosamente, e dove ogni canzone contiene una melodia e un ritmo leggero''. Si tratta in effetti di un gioiellino di oscuro cantautorato folk appena venato di blues, country e gospel, minimale negli arrangiamenti ma estremamente efficace nel rendere uniche le atmosfere; un lavoro che suona classico, ma in maniera del tutto personale. A contrastare con gli arrangiamenti scarni è la profondità dei testi: mortalità, vulnerabilità, frustrazione, risentimento, ira e compassione sono temi ricorrenti nel disco nonchè l'ineluttabile espressione emotiva di Taylor Kirk messo a dura prova nella sua sfera affettiva dalla contemporanea malattia di uno dei suoi amici più cari, che inevitabilmente finisce per influenzare le canzoni di ''Timber Timbre''; otto ballate gotiche che straripano di messaggi di grande passione e che vivono sull’innata capacità compositiva dell’autore che riesce a trasformare i dilemmi esistenziali della natura umana in brillanti affreschi musicali. Non solo dolore e morte però; perché dietro le ambientazioni cupe del disco si nascondono piccoli, teneri messaggi di speranza: '' E' proprio quando realizzi le cose brutte che i momenti di speranza e splendore si intensificano ''.


3 commenti:

  1. C'entra niente maaa...cosa ne pensi dell'Afrocubismo? :)

    Lo sto sentendo proprio ora...e mi sembra clamorosamente bello *_*

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  2. Mi perdonerai il paradosso: l'unico difetto del disco (ma poi non lo è proprio) è che è esattamente quello che mi aspettavo. Sapevo che sarebbe stato uno dei lavori che avrei comprato a priori, senza nemmeno bisogno di ascoltarlo.

    Afrocubism potrebbe essere la colonna sonora della colata del miele che dal cucchiaio cade sopra il pane: dolce e dorato, scorre veloce (ma non troppo) si appiccica e lascia un retrogusto eccezzionale. Meglio di così!

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