giovedì 14 ottobre 2010

Il ritorno di Idrissa

Idrissa Soumaoro

Nato nel 1949 in un piccolo villaggio a sud di Bamako, in Mali, Idrissa Soumaoro in gioventù ha fatto parte di Les Ambassadeurs, mitica e gioisa macchina da ballo che ha dato tra l’altro un passaggio alla futura superstar del pop maliano, Salif Keita. Da venticinque anni Soumaoro si prodiga per migliorare le condizioni di vita dei non vedenti nel suo paese, lavorando su questo fronte attraverso l’insegnamento musicale. Gli studi e i numerosi programmi di apprendimento musicale sviluppati con i ragazzi ciechi lo hanno successivamente tagliato fuori da ogni discorso di carriera discografica e tutto il resto. Ma, per come sono poi andate le cose, era solo il caso di saper apettare. Nel frattempo Soumaoro si è tenuto in allenamento anche esibendosi regolarmente in un albergo di Bamako, fino a cinque anni fa quando, sembra incoraggiato anche dal ritorno sulle scene del grande Boubakar Traoré, Saumaoro decise finalmente di riversare le sue qualità di compositore, a beneficio di tutti noi, nel classico long awaited debut album: l’incantevole ''Köte'' (Wrasse Records, 2003) [ascolta].

Köte

Il titolo ''Köte'' sta ad indicare una forma artistica ad alto tasso satirico, che trova applicazione soprattutto nel teatro e nella canzone bambara, una pratica poetica che può esprimere sia discredito che incoraggiamento. Se nel disco, ma in generale nella musica dell’artista maliano, sono evidenti le radici tradizionali e i canovacci del classico african blues tipico di artisti del calibro di Boubacar Traoré o Ali Farka Toure, lo stile di Saumaoro risulta comunque estremamente personale e ricco di sfumature: armonica e fisarmonica, il ritmo proto-funk che si sprigiona dalle corde del kamalengoni, accenti blues e afrorumba, chitarre acustiche ed elettriche a distesa ... Nel frattempo l’impegno sociale e la sua preziosa opera come divulagatore della trasmissione delle tradizioni popolari della sua terra non sono venuti meno e hanno avuto la precedenza sul suo lavoro come artista, ma non hanno impedito all'ormai sessantenne cantante e polistrumentista maliano di ritornare, giusto quest’anno con un secondo capitolo discografico, ''Djitoumou'' (Lusafrica, 2010), il cui titolo è un chiaro omaggio alla sua regione natale (100 km circa a sud della capitale Bamako) e alla tradizioni musicali dei cacciatori di quelle zone di cui Soumaoro era rimasto particolarmente affascinato sin in giovane età, in particolar modo dal suono mistico sprigionato dallo ngomi, il piccolo grande liuto dell’identità bambara, un cordofono ricco di connessioni storiche, sociali e anche soprannaturali.

Djitumou

''Djitumou'' prosegue nel solco dello splendido ''Köte'' ma riesce ad aggiungere anche qualche elemento nuovo ( dalla rumba congolese al folk arabo e mediorientale, dal blues statunitense al folk europeo), e c’è ancora un apporto creativo da parte del musicista. Soumaoro, come altri grandi artisti della musica maliana, non si limita a suonare il blues, ma lo vive, lo fa suo, mettendo a disposizione delle sue canzoni un numero considerevole di strumenti e voci, cantando in bambara e in altre lingue della sua zona. Prodotto come ''Köte'' dal leggendario Ibrahima Sylla (già con Salif Keita, Baaba Maal, e Ismaël Lo) l’album è un mix di inventiva e melodie accattivanti che lo rendono particolarmente accessibile, merito anche delle capacità compositive di Idrissa Soumaro e degli arrangiamenti del francese François Bréant (noto per le sue collaborazioni con artisti come Salif Keita, Thione Seck e Kekele) che si presta anche come musicista suonando l’organo in alcuni brani. ''Djitoumou'' (tra le altre) vede anche la preziosa collaborazione di Ali Farka Touré, che nel 2005, poco prima di abbandonarci, prestò la sua voce e intrecciò il suono della sua chitarra con quella di Soumaoro e dello njarka (un violino tradizionale a corda) di Kipsi Bocoum in ''Bèrèbèrè'', non a caso il brano che più di ogni altro evoca il blues polveroso del nord del Mali, tipico della musica Niafunké.


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